La Corte di Cassazione è intervenuta recentemente con la sentenza n.21260 del 28/08/2018 per affermare l’assenza di pregiudizialità tra il procedimento disciplinare ed il procedimento penale.
La Corte, pronunciandosi in un caso ante riforma Madia, afferma il principio dell’autonomia tra il processo penale ed il procedimento disciplinare. La norma (art. 55 D.Lgs. 165/2001), consente all’amministrazione, nei casi di particolare gravità e per i quali non sono disponibili sufficienti elementi istruttori, di sospendere il procedimento disciplinare in attesa della conclusione del procedimento penale, resta salva sempre la facoltà della PA di adottare nell’immediato misure cautelari.
Nello stesso solco, pur se con maggiore rigidità in ordine alle condotte sanzionate, la riforma Madia. Si riafferma comunque il principio della tempestiva del procedimento e della opportunità della chiusura in tempi ragionevolmente certi.
Tuttavia anche la riforma Madia ha previsto la possibilità di sospensione del procedimento disciplinare nel caso di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e per il quale sono previste sanzioni superiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni.
Sempre nel solco del maggior rigore nell’applicazione normativa, l’art. 55 ter prevede che il procedimento disciplinare sospeso possa essere riattivato “qualora l’amministrazione giunga in possesso di elementi sufficienti per concludere il procedimento, anche sulla base di un provvedimento giurisdizionale non definitivo”.
Resta sempre salvo il diritto del dipendente, anche nel caso dell’adozione di misure definitive, su specifica istanza di richiedere all’ufficio competente la riapertura del procedimento qualora il giudizio penale accerti che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale o il dipendente non lo ha commesso. Istanza da proporsi entro sei mesi dall’adozione della pronuncia penale irrevocabile.