Le Sezioni Unite mutano l’orientamento sulle conseguenze derivanti dalla mancata attestazione di conformità del provvedimento impugnato.
Con tre quesiti è stato chiesto alle Sezioni Unite di chiarire se il principio stabilito per il ricorso nativo digitale secondo cui l’omessa attestazione di conformità determina l’improcedibilità insanabile del ricorso (Cfr. il nostro approfondimento del 17/1272018 http://studiolegaleintersimone.it/post/523/1/luci-ed-ombre-nell-era-del-processo-civile-telematico), possa applicarsi anche al caso della mancata attestazione di conformità della copia autentica della sentenza impugnata.
Dopo numerose pronunce di improcedibilità dei ricorsi per cassazione conseguenti alla omessa attestazione di conformità, la Suprema Corte, con la sentenza a SS.UU. n. 8312/2019 del 25/03/2019, cambia il proprio orientamento e abbandonando il rigido formalismo che aveva caratterizzato le precedenti decisioni, riconosce l’applicabilità dell’art. 23 II comma del codice dell’amministrazione digitale a tutti i documenti informatici allegati al giudizio di legittimità, ivi compreso il provvedimento impugnato.
Gli Ermellini affermano che la mancata attestazione di conformità sulla copia cartacea della sentenza e della relata di notifica non determini una pronuncia di improcedibilità del ricorso nel caso in cui il controricorrente o uno dei controricorrenti depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non disconosca, ex art 23 CAD, la conformità della copia all’originale notificatagli.
Ed ancora, il ricorrente, nel caso in cui l’unico destinatario della notificazione del ricorso rimanga soltanto intimato o disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisone tempestivamente depositata, potrà evitare una pronuncia di improcedibilità depositando l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio.